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Cosa sta succedendo nel mondo di Google? Eh si, ultimamente in casa Big G capita di tutto, e come ben sappiamo l’innovazione non si ferma mai, specialmente in tema intelligenza artificiale, che sta svolgendo un ruolo sempre più importante, da vero game-changer.

Ma, diceva il buon zio Ben, da grandi poteri derivano anche grandi responsabilità, e questo vale soprattutto per quanto riguarda la privacy degli utenti.

In quest’articolo, andremo a scoprire come Google si sta muovendo tra le acque delle nuove tecnologie e della protezione dei dati personali. 

 

 

Il progresso dell’AI di Google

L’intelligenza artificiale è ormai uscita dal regno della fantascienza per diventare una realtà consolidata e con un’evoluzione mai vista prima.

In prima linea in questo progresso tecnologico troviamo sicuramente ChatGPT e simili, ma anche Google, che ha reso molti dei suoi servizi chiave, come Assistant, Maps e Photos (per non parlare di AI Overview in arrivo anche in Italia) nettamente più intelligenti e funzionali grazie all’implementazione dell’AI.

L’assistente vocale di Google ad esempio, grazie all’elaborazione del linguaggio naturale, può oggi interagire in modo estremamente fluido e naturale, quasi come un umano.

Photos invece utilizza l’AI per organizzare in modo quasi magico le nostre foto, riconoscendo volti, luoghi, oggetti e addirittura suggerendoci con chi condividere determinati ricordi. L’AI Overview poi, potrebbe accedere a grandi quantità di dati personali per addestrare i suoi modelli e fornire informazioni agli utenti tramite SGE, e questo potrebbe includere informazioni sensibili come email, documenti e cronologia di ricerca degli utenti.

Google afferma di aderire a rigorose politiche sulla privacy e di utilizzare solo dati pubblicamente disponibili per addestrare i suoi sistemi di IA. Tuttavia, rimangono interrogativi su come questi dati vengano effettivamente raccolti, archiviati e protetti, e sussiste il rischio che informazioni personali possano essere accidentalmente divulgate o utilizzate in modo improprio.

Insomma, l’AI ci offre indubbi vantaggi e comodità, eppure, mentre ci godiamo queste funzionalità rivoluzionarie, non possiamo fare a meno di porci un interrogativo fondamentale: a che prezzo le otteniamo? Dietro all’apparente gratuità di questi servizi si cela infatti uno scambio tutt’altro che gratuito.

Per usufruire dell’AI dobbiamo cedere una parte consistente dei nostri dati personali, delle nostre abitudini online, delle nostre conversazioni e preferenze. Un prezzo forse troppo alto in termini di privacy.

Il rischio è che colossi tech come Google, nel loro percorso di sviluppo dell’AI, finiscano per accumulare una mole sterminata di informazioni sensibili sugli utenti, generando un potenziale rischio per la privacy e le libertà individuali. Dinamiche di sorveglianza di massa e profilazione totalizzante non sono più scenari di una dystopia fantascientifica. È un tema delicato su cui riflettere con attenzione.

L’intelligenza artificiale può migliorare le nostre vite, ma a patto di trovare un sano equilibrio con i diritti e le tutele fondamentali della persona. L’innovazione dev’essere eticamente sostenibile.

Un futuro governato dall’AI richiede una regolamentazione attenta e un dibattito pubblico che bilanci opportunità e rischi, solo così l’AI potrà rappresentare un reale progresso per l’umanità e non una minaccia per le nostre libertà.

 

Nuove normative sulla privacy di Google

E allora, cosa sta combinando di bello il nostro caro amico Google sul fronte privacy? Ebbene, a quanto pare i piani alti di Mountain View si sono finalmente resi conto che gli utenti sono un po’ troppo stufi di vedersi tracciare e profilare ovunque come dei criminali dal “governo dei dati”.

Quindi, forse anche per timore di ritorsioni legali o perdita di fiducia dei consumatori, hanno deciso di fare alcuni passi importanti per rinforzare la riservatezza e ridare alle persone un “maggiore” controllo sui loro dati personali. Ma quali sono nello specifico questi cambiamenti?

  1. Maggiore trasparenza: ok, Google si sta impegnando a rendere molto più chiare e comprensibili le informazioni su quali dati vengono raccolti, da dove e per quali scopi precisi. Niente più sotterfugi o vuoti di comunicazione insomma; anche se non sarà tutto in bella vista e spiegato nei dettagli (come dovrebbe essere e vorremmo tanto) ci sarà un po’ più di chiarezza nel fornire qualche info in più a noi utenti
  2. Cancellazione automatica dei dati: probabilmente la più attesa dagli utenti più attenti alla privacy. Sarà possibile impostare la rimozione automatica della cronologia delle proprie posizioni e attività web dopo un periodo di tempo prefissato, un bel sollievo per chi non vuole lasciare troppe tracce digitali
  3. Controlli migliori sulla privacy: accedere e modificare le impostazioni sulla privacy degli account Google è diventato più semplice, diciamo a portata di pochi click direttamente dai menu di gestione

Insomma, sono aggiornamenti che vanno nella giusta direzione, ma occhio a non crederci troppo ciecamente. La strada verso una privacy totale e davvero inviolabile è ancora lunga e tortuosa da percorrere per Google.

Le grandi corporation del web, nonostante le buone intenzioni a parole, hanno sempre una fame quasi insaziabile di dati personali degli utenti da sgranocchiare per i loro business. Troppo succulento il bottino per rinunciarvi facilmente.

Quindi restiamo vigili e difendiamo gelosamente la nostra riservatezza online con un’adeguata diffidenza, perché chi ben comincia è certamente a metà dell’opera, ma il cammino verso la massima tutela non è ancora finito!

Google dovrà compiere azioni concrete e trasparenti per guadagnarsi nuovamente la fiducia degli utenti. È un avviso che arriva da più parti, dalle autorità garanti alla sensibilità crescente delle persone. Proceda con cautela, il Big G del futuro.

 

Sfide e critiche

Bene, abbiamo visto come Google stia provando a rimettere ordine nella gestione della privacy con alcune novità sulle impostazioni e i controlli per gli utenti. Ma non tutti sono convinti che questi sforzi siano davvero sufficienti per tutelare come si deve la riservatezza delle persone. Anzi, le critiche e le perplessità su questa vicenda continuano a piovere da più parti.

Proviamo ad analizzarle nel dettaglio:

Le impostazioni sulla privacy ancora troppo complesse; è vero che le opzioni sulla privacy sono state rese più accessibili, ma secondo molti addetti ai lavori restano comunque un ginepraio di menu, sottomenu e caselle da spuntare che rendono un’impresa disperata per l’utente medio comprendere appieno cosa sta effettivamente condividendo o meno. Per non parlare delle troppe opzioni nascoste, troppi termini tecnici, insomma un dedalo di scelte da cui è facile perdersi.

Molti ritengono che Google dovrebbe compiere uno sforzo massiccio di semplificazione, seguendo i dettami del “privacy by design” e rendendo la tutela dei dati personali l’opzione predefinita e chiara.

Arriviamo al punto centrale dello scontento, la dipendenza dal business della pubblicità basata sui dati. Il principale modello di business di Google, e di conseguenza la sua fonte primaria di guadagni, è la pubblicità mirata e personalizzata in base al profilo utente.

Un sistema che fa pesantemente leva sulla raccolta massiccia di dati sulle abitudini, interessi e comportamenti online delle persone, per venderli poi ai mercanti di pubblicità, provoca un pesante conflitto di interessi. Cosa dovrebbero fare, tutelare la privacy degli utenti o massimizzare i profitti pubblicitari? Un dilemma di non poco conto.

Molti ritengono che finché Google non risolleverà questo cortocircuito etico, resterà sempre un forte sospetto sulle reali intenzioni del colosso del web. Servono azioni concrete e trasparenti, non solo parole rassicuranti.

 

Un altro fattore che sta mettendo sotto seria pressione Google sono le sempre più stringenti leggi in materia di privacy e trattamento dei dati personali, come il famoso GDPR europeo, per la quale ha ricevuto una cospicua multa.

Questi nuovi standard hanno creato una serie di sfide per il gigante della tecnologia, costringendolo a rivedere radicalmente molte delle sue prassi sui dati, dalle modalità di raccolta al trasferimento verso Paesi terzi, con forti ripercussioni sul suo modello di business. Il rischio di salate sanzioni per inadempienza è concreto, vedi l’ultima che si è beccata a causa dell’uso di articoli di vari giornali per darli in pasto all’AI di Bard (ora Gemini).

 

Google multata per aver usato articoli di migliaia di giornali per il sistema di apprendimento di Bard

 

 

Nuovi diritti per gli utenti come la portabilità dei dati, l’oblio, la profilazione automatizzata sono autentiche sfide per un’azienda che ha costruito il suo impero sulla raccolta indiscriminata di informazioni personali.

Il confronto con le autorità garanti e la rispondenza a rigidi principi come il “data minimization” sono ostacoli non da poco per Google. Dovrà ripensare radicalmente il suo approccio privacy-indifferente per allinearsi.

Insomma, la tutela della riservatezza resta un rebus intricato per il colosso di Mountain View. Da una parte ci sono le crescenti pressioni legali e le proteste di utenti e associazioni per la difesa dei diritti digitali, dall’altra la necessità impellente di preservare un modello di guadagno fondamentale per l’azienda.

La sfida sarà trovare un equilibrio sostenibile e accettabile tra questi estremi opposti, in modo da garantire un’adeguata tutela della privacy senza però soffocare totalmente l’innovazione tecnologica da cui Google trae linfa vitale.

 

Quindi che si fa?

Mentre Google continua a spingere sempre più avanti i confini dell’innovazione tecnologica, specie sul fronte dell’intelligenza artificiale, è chiaro che il dibattito pubblico sulla tutela della privacy degli utenti resterà più vivo e attuale che mai.

Le nuove funzionalità “fighe” che l’azienda ci propina a ritmo serrato rappresentano innegabili progressi, ma allo stesso tempo sollevano sempre nuove preoccupazioni in merito alla riservatezza dei nostri dati personali.

È un ossimoro del progresso: più la tecnologia avanza, più aumentano parallelamente anche le aspettative sulla privacy da parte degli utenti finali. Un circolo vizioso di sfide contrapposte a cui Google dovrà far fronte.

La chiave sarà trovare un equilibrio stabile tra sviluppo tecnologico e rispetto per i dati degli utenti. Un’impresa non facile, considerando quante volte in passato Big G si è prestata a sottovalutare l’importanza cruciale della privacy.

Che si tratti di profilazione pubblicitaria eccessiva, raccolta indiscriminata di dati sensibili o scarsa trasparenza sulle proprie pratiche, Google ha più volte calcato la mano, suscitando aspre critiche e perfino azioni legali.

Questa volta però le cose sembrano diverse. Le pressioni normative come il GDPR stanno diventando sempre più stringenti, costringendo l’azienda a rivedere profondamente il suo approccio “data-hungry”; un boccone amaro da ingoiare per un gigante del web abituato a fare il bello e il cattivo tempo coi dati personali degli utenti.

Sarà interessante vedere se Google riuscirà davvero a compiere questa trasformazione culturale, o se prevarranno ancora una volta gli istinti da accumulatore seriale di dati personali. La partita è ancora tutta da giocare.

Sam Mazzotta

SEO e Digital Strategist, noto per organizzare persino i pensieri in liste puntate. È una specie di 'eremita sociale' che trova equilibrio tra il piacere delle connessioni umane (quelle vere) e la meditazione della solitudine. Lontano dal pc puoi trovarlo a leggere, fare una nuotata in mare, cucinare ramen, o immergersi in avventurosi giochi di ruolo.