Nel B2B, ogni clic può valere migliaia di euro. Eppure, ancora oggi, le landing page vengono trattate come semplici “pagine di cortesia”, magari ben disegnate, ma prive della struttura e della logica necessarie per convertire un visitatore in contatto. Se lavori nel marketing, sai bene quanto sia frustrante vedere un funnel funzionare in apparenza — con traffico qualificato e campagne attive — ma senza che arrivi un solo lead.
Ecco perché oggi voglio affrontare in modo approfondito uno degli asset più importanti per qualsiasi strategia: la landing page B2B. Non una vetrina. Non un biglietto da visita. Ma un dispositivo preciso di conversione.
Cos’è una landing page B2B (e perché è diversa dal B2C)
La differenza principale tra una landing B2B e una B2C sta nella complessità del ciclo di acquisto. Nel B2C, l’acquisto può avvenire anche per impulso. Nel B2B, no. Le persone che visitano il tuo sito non comprano: valutano, confrontano, decidono se fidarsi. È una vendita lunga, spesso multilivello, con più stakeholder coinvolti.
Per questo la tua pagina non può limitarsi a “spiegare chi sei”. Deve fare molto di più: trasmettere autorevolezza, chiarezza, valore percepito. Deve prequalificare il visitatore e guidarlo verso un’azione, rendendola il più semplice e motivata possibile.
Gli errori più comuni che vedo ogni giorno
Uno dei più diffusi? Headline vaghe. Quante volte ti sei imbattuto in frasi come “Soluzioni digitali per aziende moderne”? Dopo cinque secondi il lettore non ha capito cosa fai, per chi lo fai e perché dovrebbe restare. Un altro errore ricorrente è la mancanza di prove sociali: in un mercato dove la fiducia è tutto, se non mostri chi si è già fidato di te — clienti, partner, testimonial — stai rallentando la decisione.
C’è poi il problema dei form: troppi campi, troppe frizioni. Il visitatore si trova a dover scrivere tutto di sé prima ancora di aver capito se vale la pena parlare con te. Oppure — errore opposto — un form troppo anonimo, senza rassicurazioni, senza un “prossimo passo” chiaro, finisce per non generare nessun senso di urgenza.
E infine, la coerenza. Capita spesso che la pagina a cui atterri dopo un’inserzione non mantenga la promessa fatta nell’annuncio. Risultato? Il bounce rate sale e il lead si perde.
La struttura che funziona (quando è progettata su misura)
Non esiste una formula magica, ma ci sono elementi che non dovrebbero mai mancare. Il primo è un blocco iniziale (la cosiddetta hero section) che sintetizzi in modo chiaro chi sei, cosa fai e perché il tuo valore è rilevante proprio per chi legge. Subito dopo, dovresti offrire elementi di fiducia visiva — loghi di clienti, riconoscimenti, referenze — per agganciare il visitatore.
Il corpo della pagina deve sviluppare i benefici della tua proposta con un tono coerente al brand: no tecnicismi inutili, ma nemmeno frasi vuote. L’ideale è una narrazione basata su problemi e soluzioni, con un linguaggio verticale.
Alla fine, la CTA deve essere visibile, unica, concreta. Niente “scopri di più” generici, ma azioni chiare: “Richiedi una demo”, “Prenota una call”, “Scarica il caso studio”.
Quando il brand fa la differenza
Le performance delle landing page sono direttamente proporzionali alla forza del tuo brand. Se il design, il tono e i contenuti parlano la stessa lingua, l’utente riconosce un’identità chiara, si fida e compie l’azione con meno frizione. Al contrario, un layout dozzinale o incoerente con il sito principale crea dissonanza — e ogni dissonanza nel B2B è un ostacolo.
Conclusione
Una landing page ben costruita può fare la differenza tra una campagna che genera valore e una che brucia budget. Per questo non va affidata al caso o trattata come una pagina qualsiasi. Va pensata strategicamente, progettata con metodo, testata e ottimizzata.
Se vuoi un supporto operativo, abbiamo preparato una guida pratica: “Landing page B2B ad alta conversione”. Dentro troverai struttura, esempi reali, elementi indispensabili e i principali colli di bottiglia da evitare.